Hojo Fan City

 

 

 

Data File

Rated G - Prosa

 

Autore: fire

Status: In corso

Serie: City Hunter

 

Total: 18 capitoli

Pubblicato: 06-09-08

Ultimo aggiornamento: 09-09-08

 

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RomanceSongfic

 

Riassunto: Kaori lo guardò negli occhi incredula. Gli stessi fotogrammi passavano veloci nella sua mente, ripetendosi all'infinito. Dopo di che si girò ed abbandonò correndo la chiesa con l'enorme stupore di tutti mentre salate lacrime solcavano il suo viso e nell'andarsene perse pure il velo col diadema. Mentre ripensava alla notte in cui lei e Ryo avevano fatto l'amore per la prima volta. Alle emozioni che aveva provato. Quella stessa notte in cui lui le aveva dichiarato il suo amore e le aveva chiesto di sposarla. Ora, tutti quei ricordi offuscati dagli attimi di dolore più intensi che avesse mai provato in vita sua. Come se il suo cuore si fosse atrofizzato. In un'unica strettissima e lacerante morsa di gelo.

 

Disclaimer: I personaggi di "Morsa di gelo" sono proprietà esclusiva di Tsukasa Hojo, quelli appartenti al manga. Mentre quelli inventanti frutto della mia fantasia, sono di mia proprietà. Così come le locations fuori dal Manga originale.

 

Tricks & Tips

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   Fanfiction :: Morsa di gelo

 

Capitolo 2 :: 2. Il piccolo Ryo

Pubblicato: 06-09-08 - Ultimo aggiornamento: 06-09-08

 


Capitolo: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18


 

Venta, 31 Marzo 1973  

 

- 2 - IL PICCOLO RYO  

 

Era sera. Tutto era calmo. Stranamente calmo.  

 

Pensava intanto Shin Kaibara aggirandosi per i boschi per un giro di ispezione.  

 

Quella zona in cui risiedevano era un ottimo giacimento sia di petrolio che di oro che di argento; c’erano antiche tradizioni che si erano conservate nel corso dei secoli, prima fra tutte quella degli Atzechi. Quei balordi volevano le risorse di quelle genti. Del popolo messicano.  

 

Una piccola elitè di ricconi che volevano godere del lavoro altrui.  

 

Niente altro che tutto il resto della popolazione: gente semplice, che viveva in armonia, contadini e pastori, niente di più. Ma da quando avevano scoperto questi giacimenti molto ricchi e altamente sfruttabili, gli uomini di Edmundo Suarez, il nuovo capo del Governo che si era insediato non per volere del popolo ma tramite una dittatura militare, voleva sfruttare tutta la loro ricchezza solo per suo beneficio.  

 

Il Governo degli Stati Uniti si stava spartendo il Messico come se fosse stata una fetta di torta succulenta, erano poche le regioni rimaste ancora indipendenti: appunto l’Aguascalientes, Durango, Zacatecas e Coahuila.  

 

Tutte le altre erano già state cedute alla Grande America. Sanguinosissime ed estenuanti lotte per l’indipendenza di quelle terre si stavano ormai combattendo da decenni.  

 

E non mancava di certo chi si divertiva a godere ed a trarre vantaggio sulla sofferenza altrui: uno di questi era Suarez, cugino del governatore del Texas, Frederic Portos, il quale lo aveva messo a capo dell’Aguascalientes senza chiedere il parere degli abitanti.  

 

Gli aveva donato un gruzzolo di uomini addestrati per imporre il terrore e il dominio su quei popoli.  

 

Per mettere le mani sulle loro riserve di oro e di petrolio.  

 

Pensando che quei poveri sottomessi avrebbero acconsentito di buon grado.  

 

Invece si erano sbagliati di grosso.  

 

E così era cominciata la guerra civile, era più di dieci anni che uomini valorosi, persone comuni, brava gente, lavoratori, donne e giovani con un futuro promettente, sacrificavano la loro vita e quella dei propri familiari nella lotta contro questo Esercito Governativo.  

 

Ricordava ancora, Shin, quando quindici anni prima si era recato nella città di Aguascalientes per curare certi affari per conto della ditta giapponese per cui lavorava. Ma poi vedendo la situazione che si era creata, non se l’era sentita di andarsene così lasciandoli al loro destino, e così era rimasto, mandando a monte ogni tipo di affare e si era arruolato fra i ribelli per contrastare l’Esercito Governativo di Suarez.  

 

Se fosse potuto tornare indietro, avrebbe rifatto esattamente tutto quanto.  

 

Il giro di ispezione era quasi finito, sarebbe andato a riferire tutto ai suoi compagni che risiedevano in un accampamento non molto distante da lì, mentre lui si era costruito una piccola capanna di legno e paglia per accogliere meglio la sua famiglia.  

 

Annette Gomez, la sua compagna da molti anni ormai, militante anche lei fra i ribelli e la bimba che era nata dalla loro unione: Zoe, che quel giorno stesso avrebbe compiuto due anni.  

 

Andò a riferire ai suoi compagni dell’accampamento che i Soldati sembravano aver rispettato la tregua che avevano deciso di intraprendere qualche giorno prima, anche se sapeva che con quella gente lì, non c’era molto da stare tranquilli. Meglio tenere gli occhi ben aperti.  

 

Passò dal bosco per arrivare prima verso la sua abitazione.  

 

Tra rami e sterpaglie intravide la carcassa di un aereo che pochi giorni prima si era schiantato in quelle zone.  

 

Ultimamente ne cadevano a centinaia, da quando era in atto la guerra civile, sia nella loro regione che in quelle indipendenti in cui altri eserciti comandati da uomini senza scrupoli volevano impadronirsi di quelle terre e delle loro risorse.  

 

Coahuila era senz’altro la più ambita tra le quattro che erano rimaste.  

 

In quel silenzio di tomba, immerso nel buio più completo, all’improvviso Kaibara sentì qualcosa muoversi tra le foglie. Estrasse la sua arma facendo attenzione:  

 

- Chi va là? - Esclamò preoccupato. Alcuni passi leggeri sembrano dirigersi in quella direzione. Non era un animale, erano chiaramente passi di un essere umano. Anche se, col buio.  

 

- Dimmi chi sei, altrimenti sparo! - Disse ancora Kaibara. Un altro paio di passi e un tonfo per terra. Ma la sua pistola non aveva sparato. Si avvicinò alla fonte di quel rumore e lì lo vide.  

 

Un bellissimo fagottino coi capelli corvini, chissà da quanto tempo era lì, poverino. I suoi vestiti erano strappati, il suo viso e le sue braccia erano piene di graffi ed escoriazioni. Avevano ispezionato, lui ed i suoi uomini, l’aereo abbattuto subito dopo l’accaduto, ma non avevano trovato nessun superstite. Che dolce quel bimbo, pensò Kaibara, prendendolo svenuto tra le sue braccia. Si intenerì, Shin Kaibara.  

 

Non era da lui.  

 

Ma i bambini erano il suo tallone d’achille. Soprattutto sua figlia. L’amava più della sua stessa vita ed appena fosse stata abbastanza grande le avrebbe insegnato tutto ciò che c’era da sapere per sopravvivere indenne in quel mondo. Dopo un quarto d’ora di camminata, intravide la luce accesa all’interno della sua capanna. Ed una figura femminile muoversi all’interno.  

 

Si avvicinò ed aprì la porta. La donna mora, senza nemmeno voltarsi, riconoscendo il suo profumo disse, mentre stava cucinando una zuppa calda:  

 

- Tutto bene, la fuori? -  

 

- Sì, guarda cosa ti ho portato. - Disse lui sorridendole e lei si voltò. Le vennero le lacrime agli occhi quando lo vide così accoccolato al petto del suo uomo. Così tenero ed indifeso. Si avvicinò e lo prese in braccio.  

 

- E' svenuto? - Chiese Annette.  

 

- Sì, ma si riprenderà presto! - Disse Kaibara e si diresse nella stanza vicina, dove dormivano e gli curò le ferite, poi lo mise nel loro giaciglio in attesa che si risvegliasse. Aveva pure la febbre altissima, poverino.  

 

Dopo un po' rientrò in cucina e si mise a tavola con la sua famiglia.  

 

La piccola Zoe, sul seggiolone stava sonnecchiando e non si era accorta del nuovo arrivato. Sua madre la svegliò con un piccolo buffetto sulla guancia:  

 

- Sveglia! E’ ora di mangiare e non di dormire! - Disse Annette teneramente. La bambina aprì un occhio e poi un altro ma quando sentì dire da suo padre «buon compleanno» si svegliò subito.  

 

Cenarono come ogni sera, felici che Dio avesse offerto un altro giorno per vivere in pace ed in armonia. Shin aveva paura che quello stato di serenità potesse finire ben presto. Non credeva assolutamente che i Soldati avrebbero rispettato il patto di una settimana di tregua. Erano alla frutta, quando un ciuffetto di capelli neri come la pece, avanzò silenzioso verso il loro tavolo. Shin se ne accorse e lo prese in braccio.  

 

- E quello chi è! - Esclamò la piccola Zoe indignata. Ma lui continuava a tenere la testa bassa e non aveva ancora parlato da quando lo avevano portato in casa.  

 

- Questo giovanotto l’ho trovato prima nel bosco, penso sia l’unico superstite dell’ultimo aereo caduto da queste parti. - Annette osservò il bimbo, intenerita:  

 

- Lo sai come ti chiami? - Gli chiese. Il bimbo annuì e disse:  

 

- Ryo Saeba. - Annette gli sorrise e poi si alzò andando a prendere dalla mensola lì accanto una piccola tortina che aveva fatto quel pomeriggio. La posò sul tavolo e cominciò a tagliarla a spicchi. Chiedendogli:  

 

- Ne vuoi un po'? Ti piace la torta di more? - Il bambino non se lo fece dire due volte, la prese e la divorò in quattro-quattro-otto.  

 

Annette guardò Shin, entrambi pensarono la stessa cosa: «chissà da quanto non mangia, poverino!». La piccola Zoe, seduta sul seggiolone era furente: «chi era quello lì per rubarle la scena nella sera del suo compleanno!!!»  

 

Annette guardò la sua bambina azzannare voracemente la sua fetta di torta e le disse:  

 

- D’ora in poi, questo bimbo lo considererai come tuo fratello, capito? - Ma la piccola Zoe continuò a mangiare e a bere il succo di frutto facendo finta di non avere sentito le parole della madre. 

 


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